mercoledì 28 ottobre 2009
Nuova riforma dell'università. Meritocrazia e rettori a termine.
Le università sono autonome ma risponderanno delle loro azioni: se saranno gestite male riceveranno meno finanziamenti, decretando così la fine dei finanziamenti a pioggia. È il principio su cui è incardinata la riforma dell’università che, dopo una lunga gestazione, ha fatto oggi il primo passo con l’approvazione in consiglio dei Ministri, di un ddl che con molta probabilità comincerà il suo iter in Senato.
I contenuti sono stati illustrati dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, affiancata, in conferenza stampa, da Giulio Tremonti, il collega di Governo che, secondo indiscrezioni, avrebbe messo i bastoni tra le ruote a questa riforma. Ma l’interessato ha smentito oggi qualsiasi presunta tensione: «Ho sentito dire cose strane, parlare di contrasto, di interferenze e contrarietà. Certo il tema è stato complesso». La riforma in particolare promette il pugno duro contro i buchi nei bilanci delle università italiane: «Commissariamento e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario», ha spiegato il ministro Gelmini intervenuto in conferenza stampa a Palazzo Chigi. È prevista l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra ministero dell’Istruzione e Tesoro: «i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio».
Ampio spazio alla meritocrazia: gli scatti di stipendio andranno solo ai «professori migliori», ha sottolineato la Gelmini. In caso di valutazione negativa, spiegano dal ministero, «si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi». E, in tema di trasparenza, il ministro dell'Istruzione ha affermato: «Entro sei mesi dall’approvazione della legge di riforma, le università dovranno approvare statuti per l’organizzazione del sistema, che abbiano le caratteristiche individuate dal ministero. In particolare è prevista l’adozione di un «codice etico» che al momento non esiste, con regole per «garantire trasparenza nelle assunzioni e nell’amministrazione». Il codice dovrà «evitare incompatibilità, conflitti di interessi legati a parentele. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti». Ma, ha proseguito la Gelmini, il nodo dei ricercatori «è l’aspetto che più mi sta a cuore». «Occorre che i giovani non restino ricercatori a vita. Per questo - ha spiegato il ministro - abbiamo previsto due contratti triennali al termine dei quali si procede a una loro valutazione ed è poi facoltà dei singoli atenei trasformare i ricercatori in associati. In questo modo si mette fine a un precariato che va avanti da anni e si favorisce il ricambio generazionale».
La riforma del sistema universitario approvata oggi dal Consiglio dei ministri «è un provvedimento corposo che vuole affrontare in maniera seria e coraggiosa i problemi dell’università italiana, per dare maggiore peso a un’istituzione fondamentale del Paese e anche rispondere alla crisi», ha concluso il ministro Gelmini. A prendere la parola subito dopo il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha sottolineato: «Quella dell’università è una grande riforma, molto impegnativa. È stato trovato un equilibrio tra modello continentale e quello americano, con prevalenza del modello continentale. È stato anche raggiunto un equilibrio tra Stato, regioni ed università». Intanto in concomitanza con l'approvazione della Riforma del sistema universitario, in otto città italiane studenti di scuola e università hanno annunciato che saranno organizzati presidi permanenti dal pomeriggio fino a notte fonda davanti le prefetture per «lanciare delle rivendicazioni chiare al Governo Berlusconi e al ministro Gelmini». I sit in sono previsti a Torino, Genova, Siena, Roma, Napoli, Lecce, Taranto e Bari. In una nota l’Unione degli studenti e il Coordinamento universitario Link chiedono «il ritiro dei tagli su scuola, università, ricerca, un sistema di welfare che permetta agli studenti medi, agli universitari, ai dottorandi e agli studenti delle accademie di poter accedere liberamente ai canali del sapere».
Ecco che cosa prevede la riforma Gelmini per l'Università
CODICE ETICO ANTI-PARENTOPOLI
Ci sarà un codice etico per evitare incompatibilità, conflitti di interessi legati a parentele.
RETTORI A TEMPO
Un rettore non potrà rimanere in carica per più di 8 anni (attualmente ogni università decide il numero dei mandati), con valenza retroattiva.
FUNZIONI NETTAMENTE DISTINTE TRA SENATO E CDA
Il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara di spese e assunzioni, anche delle sedi distaccate. Il Cda non sarà elettivo, avrà il 40% di membri esterni e anche il presidente potrà essere esterno. È prevista una presenza qualificata di studenti negli organi di governo. La riforma della governance prevede, inoltre, la figura di un direttore generale, un vero e proprio manager di ateneo, al posto dell’attuale direttore amministrativo. Il nucleo di valutazione d’ateneo avrà una maggiore presenza di membri esterni per garantire una valutazione oggettiva e imparziale.
PER PROF VALUTAZIONE DA STUDENTI E CERTIFICAZIONE PRESENZA
Gli studenti valuteranno i professori e questo giudizio sarà determinante per l’attribuzione dei fondi alle università da parte del ministero. I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Viene, inoltre, stabilito un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a tempo pieno: 1.500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti. Scatti stipendiali solo ai prof migliori e possibilità di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.
FUSIONI E RIDUZIONE DEI SETTORI DISCIPLINARI
Ci sarà la possibilità di unire o federare università vicine per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca. Saranno ridotti i settori scientifico-disciplinari dagli attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore) per evitare che si formino micro-settori che danno troppo potere a cordate ristrette. Riduzione delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo.
ABILITAZIONE NAZIONALE
Il ddl introduce l’abilitazione nazionale per l’accesso di associati e ordinari. L’abilitazione è attribuita da una commissione nazionale (anche con membri stranieri) sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università. Si prevede una netta distinzione tra reclutamento e progressione di carriera.
SPAZIO AI GIOVANI RICERCATORI
Si prevedono contratti a tempo determinato di 6 anni (3+3), al termine dei quali se il ricercatore sarà ritenuto valido dall’ateneo sarà confermato a a tempo indeterminato come associato. Il provvedimento abbassa l’età in cui si entra in ruolo da 36 a 30 anni con uno stipendio che passa da 1.300 a 2.100 euro. Tra le novità l’aumento degli importi degli assegni di ricerca e l’abolizione delle borse post-dottorali.
BILANCI TRASPARENTI, COMMISSARIAMENTO PER CONTI IN ROSSO
Verrà introdotta una contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri dell’Istruzione e del Tesoro. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio. È previsto il commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario.
AIUTI A STUDENTI MERITEVOLI
È prevista la delega al governo per riformare la legge 390/1991, in accordo con le Regioni. L’obiettivo è quello di spostare il sostegno direttamente agli studenti. Sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di studio e di gestire, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore.
Fonte: La Stampa
mercoledì 24 giugno 2009
Calcolo spese Università italiane.
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martedì 10 marzo 2009
WiFi e Voip in tutte le facoltà!
Lo storico connubio tra l'università italiana e il web 2.0 dovrebbe esser cosa fatta entro tre anni. La previsione contenuta nel cronogramma di e-government 2012, il piano per la riorganizzazione e la digitalizzazione della Pa lanciato dal ministro Renato Brunetta, è di quelle ambiziose e che merita davvero un'attenzione particolare se, come ha certificato l'ultima indagine parlamentare sullo stato dei nostri atenei (si veda il Sole 24Ore del 26 febbraio scorso), solamente riequilibrando il rapporto tra personale non docente e professori sulla media nazionale si potrebbero risparmiare 250 milioni di euro l'anno. In un contesto di "diseconomie" ancora così macroscopico, con molte meno risorse (48,5 milioni, di cui 17, 5 già disponibili e gli altri 31 da reperire nel corso della legislatura) Palazzo Vidoni punta a mettere entro 18 mesi tutte le facoltà sullo stesso piano almeno per la copertura della rete WiFi e la disponibilità del servizio Voip, due semplici premesse per garantire servizi on line avanzati a tutti gli studenti e un nuovo standard digitale per i processi amministrativi interni e di comunicazione tra atenei e il ministero dell'Università.
I programmi d'azione sono molto mirati e si muovono su una serie di progetti di sviluppo digitale che le università hanno presentato a una commissione selezionatrice (composta da rappresentanti del Dipartimento per l'innovazione tecnologica, il Miur e la Conferenza dei rettori) per ottenere co-finanziamenti in cambio della garanzia di assicurare entro 12 mesi perlomeno il servizio di iscrizione online e la verbalizzazione elettronica degli esami. Su oltre 60 progetti inviati per l'iniziativa "Itc 4 university – campus digitali" ne sono stati selezionati 34 (non più finanziamenti a pioggia per tutti, insomma) mentre per la diffusione del WiFi negli atenei meridionali c'è l'impegno a finanziare almeno 20 dei 23 progetti presentati.
Se con questa seconda azione si agisce ancora sul fronte hardware, per garantire appunto la connettività senza fili laddove ancora non c'è, con il primo gruppo di progetti si punta a far fare un passo avanti a chi può permetterselo. Come, per esempio, l'Università di Ferrara (17.000 studenti su una città di 120mila residenti) che grazie a questo bando punta per esempio a offrire il servizio Voip agli allievi (visto che i professori lo utilizzano da tempo). «Pensiamo inizialmente a un utilizzo interno che consenta agli studenti di comunicare tra di loro con il programma open source già sperimentato negli ultimi due anni – spiega Cesare Stefanelli, docente di Reti di calcolatori – ma già in una prima fase ci sarà anche la possibilità di riceve chiamate via web». L'università ha anche in corso di sviluppo un accordo con il Comune per garantire l'accesso agli studenti alla futura rete WiFi cittadina e l'autenticazione condivisa con altri atenei regionali per assicurare l'accesso a internet con la stessa password in tutta l'Emilia Romagna.
A Ferrara, come in altri atenei che vantano un rettorato attento alla frontiera digitale, il piano e-government probabilmente offre solo un'accelerazione a cantieri già aperti: «Certo è che con i nuovi bandi attivati dal Dit e le risorse messe a disposizione – dice ancora Stefanelli – si alza l'attenzione e questo aiuta a mobilitare gli organi di governo degli atenei visto che, come già è accaduto in passato, i tempi di realizzazione degli obiettivi sono fissati in 12 mesi».
Ma anche dove l'utilizzo delle tecnologie Itc è in fase più avanzata il programma del ministero sembra consentire anche una sorta di "ripartenza" e verifica di programmi avviati. L'Università di Roma "La Sapienza", con oltre 100mila studenti di cui almeno 20mila normali utilizzatori della rete WiFi da almeno un paio d'anni, è stata selezionata insieme con gli altri due grandi atenei capitolini ("Tor Vergata" e "Roma 3") proprio per testare quanto possono funzionare un diffuso utilizzo di una tecnologia avanzata come la firma digitale: «Nella nostra università – spiega Renato Masiani, docente di Scienza delle costruzioni alla facoltà di Architettura – da 4 o 5 anni si fanno i verbali d'esame on line ma la procedura prevede ancora la firma di un documento finale che resta cartaceo. Con il nuovo piano cercheremo di sperimentare il passaggio alla firma digitale per tutti e le implicazioni che avrà in termini di maggiore efficienza». Procedure pilota saranno qui realizzate anche per la dematerializzazione degli atti amministrativi e per lo sviluppo del Voip oltre l'utilizzazione già raggiunta. «Se una cosa funziona alla Sapienza può funzionare in tutte le altre università italiane. È un po' questa l'idea di fondo della nuova serie di sviluppi sulle tecnologie della comunicazione resa possibile dal piano e-gov 2012 - conclude Masiani – e oltre alle risorse messe in campo, è certo che l'impostazione data dal Dit ci consente di mettere a fattor comune una serie di programmi avviati e che ora devono essere sottoposti a una dovuta verifica».
Fonte: Il Sole 24 Ore
sabato 28 febbraio 2009
L'università italiana è in crisi?
Migliaia di indirizzi. Concorrenza tra le facoltà. Caccia grossa agli studenti. E ai soldi, che sono sempre meno. Risultato: l'Italia perde terreno in Europa. Così si affaccia un'idea semplice quanto rivoluzionaria: se cominciassimo a premiare gli atenei più efficienti, non sforneremmo laureati migliori?
Alla Sapienza di Roma ci sono studenti che comprano gli esami con la complicità, oltre che di qualche professore, di bidelli factotum? Che volete, il nostro, rimane il paese del pezzo di carta.
Così non c'è da stupirsi se ogni tanto scoppiano casi del genere. Più significativo, per buttarla sul paradossale, è quando accade il contrario: che un docente compri il lavoro di un allievo. È la classica storiella: il cane che morde l'uomo non fa notizia, l'uomo che morde il cane sì.
Ebbene, a Trento è stato rinviato a giudizio un cattedratico della facoltà di economia, con l'accusa di avere acquistato (per 500 mila vecchie lirette) le tesi di due ragazzi, nemmeno tanto brillanti, visti i non eccezionali voti di laurea. Obiettivo: inserirne ampi brani, compresi gli errori di battitura, in un volume necessario al professore per diventare ordinario.
Povera università italiana. Le iscrizioni che dopo anni di stasi se non di declino sono tornate a crescere, i laureati che magari impiegheranno sette anni a tagliare il traguardo ma che dal 36 per cento del 1994 sono arrivati al 52 per cento sul totale degli immatricolati, la percentuale di popolazione tra i 25 e i 27 anni in possesso di titolo accademico passata dall'11 al 21 per cento.
Da qualunque parte si guardi, l'università continua ad apparire la grande malata del sistema Italia. Il numero di laureati sull'intera forza lavoro attiva è addirittura avvilente in confronto a quello dei competitori europei Germania, Francia, Gran Bretagna.
I fuori corso rimangono una caterva. Non basta: per seguitare con gli impietosi paragoni internazionali, la spesa universitaria italiana sul pil è dello 0,63 per cento, contro 1,13 della Francia, 1,11 della Gran Bretagna e 1,04 della Germania. Gli investimenti annui per la ricerca in ambito universitario sono di 2,9 miliardi di euro contro i 4,9 di Francia e Gran Bretagna e i 9 della Germania. Noi abbiamo lo 0,33 per cento di ricercatori sulla popolazione in età da lavoro, la metà delle altre nazioni. Per non infierire su un piccolo particolare: la stragrande maggioranza delle risorse se ne va in stipendi per il personale, ben l'86,85 per cento dei 6,18 miliardi del Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo), il cuore dei trasferimenti di denaro dallo Stato agli atenei.
Certo, gli attuali 6.451 fra corsi e diplomi di laurea (anche se al momento si sovrappongono vecchio e nuovo ordinamento e molti appaiono destinati a esaurirsi) sembrano francamente troppi.
Da Bolzano a Palermo, le università sono oggi 77, 198 i comuni che ospitano almeno un corso di studi, mentre corsi di laurea e diplomi a livello universitario sono 6.451.
I docenti di ruolo sono 54.000. Il 36 per cento dei ricercatori e il 65 per cento dei professori ordinari hanno più di 50 anni. Solo il 52 per cento degli iscritti arriva alla laurea. Un quarto abbandona dopo il primo anno.
L'età media degli studenti è di 23,4 anni, 27,8 l'età in cui ci si laurea, 7 gli anni di permanenza nelle facoltà. Il 54 per cento degli allievi lavora a tempo pieno o parziale.
Fonte: Panorama
venerdì 9 gennaio 2009
Il decreto Gelmini è legge: ecco le novità.
Trasparenza nei concorsi, stop alle baronie, più spazio ai giovani, premi agli atenei con bilanci virtuosi e giro di vite per quelli in rosso: il decreto a firma Maria Stella Gelmini è legge. Con 281 voti a favore, 196 contrari (Pd e Idv), e 28 astenuti (Udc), l'aula di Montecitorio ha approvato in via definitiva il testo in materia di Università. Il ministro dell'Istruzione nega di aver ceduto alle pressioni dell'opposizione: sul maestro unico, dice, «nessuna marcia indietro».
Hanno votato contro i gruppi del Pd, convinti che la legge è «un'occasione mancata per il diritto allo studio in Italia», e dell'Idv. Si è astenuta l'Udc «per offrire un'apertura di credito nei confronti del ministro Gelmini».
Più soldi agli atenei virtuosi. Tra le novità della legge più finanziamenti (il 7 per cento del Fondo del Finanziamento Ordinario e del Fondo Straordinario della Finanziaria 2008) per le Università migliori: quelle con offerta formativa, con qualità della ricerca scientifica, efficienza delle sedi didattiche migliori. Gli atenei più virtuosi saranno individuati attraverso i parametri di valutazione Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e Cnvsu (Comitato nazionale valutazione del sistema universitario).
Stop alle assunzioni per gli atenei «spreconi». Da oggi gli atenei che spendono più del 90 per cento dei finanziamenti statali (Fondo di Finanziamento Ordinario) in stipendi non potranno bandire concorsi per docenti, ricercatori o personale
Più assunzioni per i ricercatori. Per favorire l'assunzione dei giovani ricercatori, il blocco del turn over (a quota 20 per cento nelle altre amministrazioni) viene elevato al 50 per cento. Delle possibili assunzioni presso le Università, almeno il 60 per cento dovrà essere riservato ai nuovi ricercatori. Con questi interventi si potranno assumere 4000 nuovi ricercatori.
Borse di studio ai meritevoli. Borse di studio a tutti quelli che ne hanno diritto grazie all'incremento di 135 milioni di euro destinato ai ragazzi capaci ma privi dei mezzi economici. Previsti 65 milioni di euro destinati a progetti per residenze universitarie (1700 posti letto in più).
Commissioni concorsi. Cambia la composizione delle commissioni che giudicheranno gli aspiranti professori universitari: a differenza di quanto accadeva finora, saranno quattro i professori sorteggiati da un elenco di commissari eletti a loro volta da una lista di ordinari del settore disciplinare oggetto del bando e da un solo professore ordinario
nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando. Nelle intenzioni del ministro, si eviterà di predeterminare l'esito dei concorsi e di incoraggiare un più ampio numero di candidati a partecipare.
Gelmini: «Nessuna marcia indietro». Negando di aver fatto «marcia indietro», il ministro ha spiegato che il maestro unico «rimane il modello di base. Si è solamente compreso che non è incompatibile con il tempo pieno». Soddisfazione per l'astensione dell'Udc: «È un risultato importante, spero solo che sia un primo passo per condividere con l'opposizione una riforma organica dell'università».
«Finita difesa status quo». «Il problema, ha detto Gelmini, non è l'assenza di riforme mancate». Insomma, per il ministro è finita l'epoca delle «università sprecone» e della «difesa dello status quo».
La maggioranza difende il decreto Gelmini. La maggioranza plaude compatta alla riforma dell'università: «Più qualità, più meritocrazia, meno sprechi, meno privilegi negli atenei italiani. L'approvazione, da parte del Parlamento, del decreto Università garantisce l'avvio dellanecessaria riforma del sistema universitario nel nostro Paese». Ne è convinta Isabella Bertolini, componente del direttivo del Pdl alla Camera, perché, dice, le misure contenute nella legge «aiuteranno il rilancio qualitativo dell'Università italiana».
Critiche dall'opposizione. L'opposizione, invece, scende in campo contro la riforma voluta da Maria Stella Gelmini. «L'università italiana soffre di una crisi e non sarà certo il provvedimento approvato oggi, con le sue misure insufficienti e in alcuni casi anche peggiorative, a riportare ad una situazione di normalità gli atenei». Così Mariapia Garavaglia, omologa del ministro Gelmini nel governo ombra, a proposito del decreto approvato stamani.
Fonte: Il Messaggero
giovedì 1 gennaio 2009
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